Le disabilità e i parchi divertimento. Un tema molto sentito nel settore. Il lavoro degli esperti, avviato lo sorso mese di giugno a Minitalia Leolandia, si è arricchito di nuovi appuntamenti. Si sono tenute riunioni tra progettisti, consulenti legali che rappresentano produttori di attrazioni, gestori di parchi e famiglie di persone con esigenze speciali.
Inoltre a Miragica, il parco pugliese, si sono svolte in Ottobre due giornate di test sull’utilizzo delle attrazioni da parte di ospiti con disabilità fisiche. Ad Orlando, in occasione di IAAPA Expo, si è tenuta in Novembre una sessione del gruppo di lavoro internazionale che sta elaborando le norme tecniche di settore. Il progetto italiano è stato presentato ai responsabili della sicurezza dei parchi dei maggiori gruppi mondiali, tra i quali Disney, Merlin ed Universal.
In Italia quali sono le difficoltà? Il punto centrale è attualmente quello di rispettare la “Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità”, che introduce i concetti di “accomodamento ragionevole” delle strutture ed impianti ai fini della massima inclusione, e della “progettazione universale”, finalizzata alla più ampia fruibilità di beni e servizi. La Convenzione dispone infatti, all’art. 30 che “5. Al fine di consentire alle persone con disabilità di partecipare su base di uguaglianza con gli altri alle attività ricreative, agli svaghi e allo sport, gli Stati Parti adottano misure adeguate a … (c) garantire che le persone con disabilità abbiano accesso a luoghi che ospitano attività sportive, ricreative e turistiche; (d) garantire che i minori con disabilità possano partecipare, su base di uguaglianza con gli altri minori, alle attività ludiche, ricreative, agli svaghi ed allo sport, incluse le attività previste dal sistema scolastico; (e) garantire che le persone con disabilità abbiano accesso ai servizi forniti da coloro che sono impegnati nell’organizzazione di attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive.”. Dunque quello di pervenire alla massima fruibilità delle attività ricreative costituisce un obbligo per gli Stati.
L’Italia vi ottempera senza troppo entusiasmo, ma nel caso delle attrazioni per parchi di divertimento il vuoto è colmato dal senso di responsabilità del comparto, nel quale progettisti, costruttori e gestori si stanno rapportando al mondo delle diverse abilità con coraggio, ancorché limitati dalla legislazione italiana, nella quale il piano delle responsabilità è quanto mai scivoloso. Ovviamente nessuno ha interesse a limitare l’accessibilità delle attrazioni, tuttavia è a tutti evidente che non sia semplice prevedere che tutti gli ospiti, a prescindere da condizioni fisiche o psichiche, possano fruire di ogni tipo di attrazione. Certamente la Convenzione ONU impone che eventuali divieti siano adeguatamente motivati, e scientificamente fondati. Su questo atteggiamento, quello di una prudenza aprioristica, sia pure comprensibile, di produttori e gestori, è cresciuta la consapevolezza da parte di tutti i soggetti coinvolti. Si è finalmente compreso che eventuali limitazioni nella fruizione delle singole attrazioni, disposte dai documenti tecnici dei produttori o dei gestori, vanno riesaminate alla luce di esperienze concrete, disposte solo dopo un’attenta valutazione dei rischi.Il lavoro di coloro che, in genere su base volontaria, si stanno occupando della stesura delle norme sta dando ottimi risultati, perché nella progettazione di nuove attrazioni le imprese italiane stanno tenendo conto – forse con qualche ritardo, diranno alcuni, ma mostrando coraggio, senso di responsabilità ed impiegando risorse proprie – della massima fruibilità. In questa ricerca il gruppo di lavoro italiano registra il consenso dei grandi player internazionali del settore. Proprio per questo, gli estensori delle norme internazionali in corso di elaborazione sono motivati ad inserire alcuni paragrafi sull’accessibilità delle attrazioni per persone con esigenze speciali. (M.C.)